Oggi voglio postare un estratto molto adrenalinico di NOTTESENZAFINE in cui Luca incontra nel cuore della notte milanese Margherita, un viados brasiliano che si apre con lui e gli confida di essere sieropositivo. Al culmine della disperazione il travestito gli chiede di ucciderlo e di farla così finita per via della sua condanna a morte.
(...) La pistola era lì, a qualche centimetro da lui. Avrebbe potuto mettersi un suo guanto
bianco, prendere in mano l’arma, puntarla in direzione della sua fronte e sparare
senza rimorso.
L’avrebbe depositata
sotto il sedile e sarebbe uscito dalla ‘Cinquecento’ allontanandosi
quatto quatto senza la preoccupazione che qualcuno avesse potuto vederlo.
La tentazione era latente in lui, come in tutti gli uomini è
innato l’istinto alla guerra, l’istinto di uccidere: è come una vampata di
calore che ti sale alla testa, un brivido interno che percuote tutte le ossa,
ti acceca la mente, mentre le braccia percepiscono un formicolio sempre più
corrosivo nelle vene... e le mani cominciano a sudare, il sudore punge, pizzica
sulla pelle e solo il calcio della pistola può placarlo. Mio Dio...! Stava
perdendo il controllo della situazione, non poteva essere! Era la ragione che
doveva filtrare tutto ciò, la potenza del conscio!
Tuttavia la vampata di calore gli stava salendo alla testa;
il brivido interno gli stava percuotendo le ossa; quel formicolio, quel fottuto
formicolio stava iniziando a corrodergli le dita, poi i palmi, e avrebbe
raggiunto automaticamente il gomito, infine il bicipite e per ultimo la spalla
intaccando interamente il braccio...
Tremava. Si alzò dai sedili posteriori come fosse un automa,
allungò il braccio destro, prese in mano la pistola guardandola fisso senza
distoglierle lo sguardo. Tremava ancora. Margherita non si muoveva. Il tempo
era scandito dal respiro ghiacciato di Luca. Strinse con veemenza il calcio
della pistola rivolgendo gli occhi in avanti. Non aveva il coraggio di fissare
Margherita, non sarebbe riuscito.
Ancora qualche battito cardiaco e il sudore si sarebbe fatto
vivo sui palmi delle mani e subito dopo il prurito sulla pelle avrebbe fatto
esplodere quella pallottola che era anche dentro il suo corpo.
Sudava freddo. Un ultimo respiro e chiuse gli occhi. La
pistola era come un pezzo di ferro rovente tra le sue mani... Oddio!... Ecco la
vampata finale alla testa... un lampo di calore... una leggera pressione sul
grilletto...
“Noooooo!!!” un grido dilagò nell’aria gelida
dell’abitacolo.
Una frenata violenta a qualche metro dalla macchina
risvegliò la mente surriscaldata di Luca.
Aprì gli occhi e notò un uomo distinto scendere giù da una
Mercedes grigia parcheggiata al loro fianco e dirigersi verso la portiera
aperta dell’utilitaria rossa.
Il ragazzo rimase immobile, come paralizzato, continuando a
respirare come prima.
Margherita era completamente assente.
“Che cazzo fai! Sei impazzito!?!?” sbraitò l’uomo già dentro
l’abitacolo mentre gli afferrava la pistola puntata alla nuca del ‘viados’.
“Lascialo estar!” strillò Margherita.
“Sei impazzita, Margherita? Datemi quella pistola!” ribattè
l’uomo.
“Fati li afari tuoi, Michele, me està aiudando!”
Margherita incominciò ad agitare braccia e piedi in
direzione dell’uomo, continuando a insultarlo e tentando di colpirlo. Era in
preda ad una crisi di nervi.
Luca era inchiodato al sedile posteriore con la pistola in
mano ed il braccio disteso sul fianco.
Chi diavolo era quest’uomo? Si domandava mentre i due
seguitavano nella loro lotta.
“Lasciamiii!!! - urlò il ‘travestito’ - Vati a escopare
quela sorela che te piasce tanto in piasa Piemonte!”
“Stai zitta! Zitta! Che fai i soldi solo con me, tu!”
“Io tegno tanti clienti quanti ne volio! Cosa ne sai tu?!?!”
“Va bene, va bene. Quanto vuoi stanotte? Duecento, trecento,
quattrocento, quanti ne vuoi, eh?” e tirò fuori dal portafoglio banconote quasi
nuove da centomila lire buttandole in faccia a Margherita.
“E tu che cazzo ci fai ancora qui? Sparisci stronzo!” ordinò
il distinto signore al ragazzo.
“Perché non te ne torni all’Hoolywood con quella troietta
che ti sei sbattuto sul cofano qualche ora fa, eh?” lo gelò Luca.
Era il ‘pappone’ che lo aveva trascinato fuori
dall’Hollywood e lo aveva piantato nella Mercedes grigia senza dirgli niente.
Da lì erano nati tutti i suoi problemi. Era lui il
colpevole: se lo avesse subito accompagnato da qualche parte avrebbe evitato il
freddo, la fuga sui tetti, la ferita riportata, la festa di Jacopo.
Invece no. Era rimasto lì a strusciarsi con la falsa modella
per poi scappare non appena avvistato il carabiniere.
E adesso era a qualche centimetro dalla pistola puntata
giusto nella direzione del suo povero cervello.
“Ti ricordi di me?”
“Chi sei? Questo è un tossico, vero Marghe?”
Il silenzio cadde di nuovo tra quegli umidi vetri. I due
avevano interrotto la colluttazione.
Luca puntò le sue pupille in direzione di quelle del
‘pappone’: lo aveva riconosciuto.
L’uomo abbassò lo sguardo in segno di imbarazzo.
“Lo sai, lo sai chi sono...”
“Non fare stronzate, dai..., si trattava di un passaggio, di
un semplice passaggio; e poi sono io che ti ho tirato fuori dalla discoteca, se
no ti malmenavano...”
Luca lo teneva sotto tiro con la pistola ancora carica.
“Abbassa quella pistola, per favore, ragioniamo...”
“Perché mi hai lasciato solo come un cane in macchina?”
Nessuna risposta.
“Rispondi! Rispondi! Brutto stronzo!” lo insultò Luca
sputando tutta la bava che aveva in bocca verso quel “distinto gentiluomo”.
Ora era il ‘magnaccio’ che tremava. Luca era viola in volto
e tutto l’odio, l’ansia, il dolore di quella notte si stavano materializzando
in quella pistola e davanti a quella sagoma in carne e ossa.
“Non rispondi? Te lo dico io perché... Perché in fondo in
fondo sei un cagasotto, guarda come stai tremando! sembri un pulcino bagnato,
ti faccio paura, eh? Ti faccio paura con un cannone tra le mani???”
Nessuna risposta.
“Non ti agiti più?!?! Fate tutti i prepotenti dietro le
vostre collane d’oro e davanti a un pezzo di ferro ve la fate sotto!”
Il tizio tremava di terrore.
“Piangi adesso! Piangiiiiii!!!”
L’uomo si scagliò con impeto verso Luca cercando di
afferrargli l’arma, il ragazzo con un gesto rapido avvicinò l’altra mano al
calcio come per proteggere la sua presa, ma un colpo forte del ‘magnaccio’ sul
suo polso fece allentare la morsa lasciando cadere l’arma al suolo ed un boato
enorme esplose nella ‘Cinquecento’ rimbombando in tutto il quartiere .
Margherita iniziò a strillare disperatamente. Nessuno
rispondeva alle sue grida isteriche... chi sarebbe corso in aiuto a quell’ora
del mattino?
Una chiazza rossa si allargava sul sedile anteriore dell’auto
ed un uomo distinto si stendeva prono contro il cruscotto.
Luca non dava segni di vita, immobilizzato contro il sedile
posteriore. La testa gli ciondolava in avanti e le ginocchia erano rilasciate.
“Lo hai matado, lo hai matado!” insistè il ‘travestito’.
L’odore dolciastro del sangue si stava espandendo
nell’abitacolo e la fumata dello sparo aveva annebbiato tutti i finestrini.
Il ragazzo portò lentamente le mani alle orecchie e digrignò
i denti. Quel boato stava ancora percuotendo i suoi timpani.
(...)