'Il mio primo diario da scrittore, i miei pensieri, i miei romanzi, le mie recensioni...insomma tutto il mio mondo'
sabato 23 novembre 2013
mercoledì 9 ottobre 2013
L'incontro di Luca con Margherita, il viados brasiliano
OGGI POSTO UN PEZZO DI 'NOTTESENZAFINE' DOVE LUCA IL PROTAGONISTA INCONTRA MARGHERITA, IL VIADOS BRASILIANO CHE GLI FA UNA RICHIESTA INQUIETANTE...
(...)
Luca non reagì. Appoggiò sul sedile davanti il bicchierino
di carta e fece un lieve sospiro per tagliare quell’aria di tensione.
Margherita iniziò a piangere forte singhiozzando
ripetutamente.
Luca ignorava il da farsi. Avrebbe voluto consolarla, ma non
sapeva come fare, d’altronde la conosceva da un centinaio di respiri e per di
più disconosceva il suo sesso: era uomo o donna? I peli sulle gambe le
crescevano o no? Il seno era così sodo perché era siliconato?
Voleva porgerle tutte queste stupide domande che la gente si
fa quando vede un travestito, ma non era il caso di fare chiarezza in questo
momento: lo aveva aiutato, gli aveva messo indosso il pelliccione, offerto il
caffè e inoltre era dolcissima nei suoi atteggiamenti, non sembrava nemmeno una
prostituta o un ‘prostituto’...
Pose una mano sulla coscia di Luca e la strinse forte, il
ragazzo si spaventò.
Non vorrà mica provarci con me ora!?!? rimuginò tra sè.
Nonostante fosse stato educato in maniera molto liberale
c’era sempre un velo di inibizione che lo pervadeva, una paura verso qualcuno
diverso da lui e per di più a due centimetri dalla sua spalla.
Dopo alcuni attimi ‘lei’ proferì parola: “Sou
sieropositiva.”
Il sangue gli si raggelò nelle vene. “Ne sei sicura?”
ribattè Luca con voce titubante.
“Sì, ho fato li esami…”
“Oh cazzo!”
Margherita rilasciò la presa sulla coscia di Luca per
coprire il volto solcato dalle lacrime.
“Magari l’esito dell’esame era sbagliato...”
“No, l’ho fato due volte... ho tentato de suiscidarme tre
volte pero sou stada fermada in tempo da ‘minhas irmas’.”
Avrebbe voluto chiederle la ragione del suo gesto, ma
sarebbe stata una domanda sciocca e scontata. Avrebbe voluto sottolinearle il
fatto che era ingiusto seguitare ad avere rapporti non protetti essendo sieropositiva,
ma come avrebbe reagito?
“O forse sou tropo fifona para fazerlo io diretamenci.”
Luca non aveva le armi per combattere le parole forti di
Margherita.
“Falo tu, te prego...”
“Fare che, scusa?”
“Soto il sedile tegno una pistola carica, uno sparo in testa
e via... no sentirò nada, te prego...”
“Io...”
“Me sembri la persona justa para matarme, sensible, jentile,
sei il primeru ser umano che cognosco achì en Milan.”
“Qui non si tratta di essere la persona adatta o no,
Margherita.”
“Falo per me, tu tieni un futuri davanci, io tegno solo
l’infierno... presente e futuro. Para la jente como noi non c’è pace nemeno
dopo la morte... Dios no lo conscede.”
Il ragazzo aveva un nodo alla gola che non riusciva a
liberare, tuttavia non lo avrebbe sciolto con un movimento secco sul grilletto
di quella pistola.
“Io non voglio uccidere nessuno e non lo farò mai... Uno,
perché ho troppa paura; due, perché non voglio troncare una vita umana; tre, e
non ultimo, avrei dei guai seri con la polizia e la giustizia... Ti prego,
capiscimi tu.”
Credeva fosse stato uno scherzo di Margherita, una
convinzione poco seria, ma ben presto il suo tono si fece più tragico.
“IO-NO-VOLIO-PIU’-VIVIRE! No so si lo hai capito o no...
NO-VOLIO-PIU’-VIVIRE!”
Parole come pietre, pesanti, scolpite nel suo cervello.
Qualche respiro di pausa e si inginocchiò davanti a lui nel
poco spazio che si apriva tra il sedile davanti e quello dietro e con le mani
giunte pregò di nuovo Luca di ucciderlo in cambio della sua pelliccia bianca.
“Ti rendi conto di cosa mi hai chiesto? Chi se ne frega del
tuo pelliccione... è più importante la tua vita o quella di un animale morto
sulle mie spalle?”
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martedì 10 settembre 2013
ALLA FESTA DI JACOPO!!!
OGGI POSTO UN PEZZO DI 'NOTTESENZAFINE' DOVE LUCA, IL PROTAGONISTA SI VEDE COSTRETTO A PARTECIPARE A UNA TRAGICA FESTA...
(...)
(...)
Non sapeva bene perché stava citofonando in quel momento a
casa di Jacopo, forse solo per medicare la ferita, per trovare uno strappo per
andare a casa... sicuramente non per devastarsi” all’ALL NIGHT LONG PARTY.
Aveva solo voglia di tornare a casa.
Provò al numero 8. Era una villetta a due piani da cui usciva
un rumore infernale e le cui stanze erano tutte illuminate a giorno.
Era casa de Romeis, senza alcun dubbio!
Si avvicinò ai citofoni... Tutti e due i piani erano
occupati dal cognome della famiglia di Jacopo. Doveva essere una casa da
ricconi! Ecco perché il lunedì mattina durante l’intervallo iniziava il
mercatino dell’usato nei servizi del secondo piano. Avrebbe partecipato anche
lui agli scambi, quel lunedì, che diamine!
Citofonò con aria titubante.
“Chi è?”
“Sono Luca... Luca di 5°C , sei tu, Jacopo?”
Si sentiva un rumore incredibile di sottofondo. Gente che
strillava, musica altissima.
“Chiii?” urlò la voce.
“Luca... Sono Luca Bellini, quello della 5° C...”
“Ah, Luca... che sorpresa! Ti apro subito. Perché sei
arrivato a quest’ora?”
“Eh, volevo fare un’improvvisata...”
Non appena aprì la porta di casa uscì un’ondata di fumo
pesante. Una figura poco definita gli si presentò davanti...
“Allora sei venuto, eh?”
“Ciao Jacopo.”
“Ciao Luca” e gli strinse la mano bendata.
“Ahhh!”
“Cos’hai?”
“Niente, mi sono tagliato con dei vetri. Hai qualcosa per
disinfettarmi?”
“Sì, sì, vieni di qua che ti porti in bagno”
Scostò la porta del bagno e fece uscire una coppietta sdenudata.
HAI CAPITO LA
FESTA DI JACOPO! SI DANNO DA FARE QUI...
Quei due insultarono pesantemente Jacopo il quale non ci
fece molto caso.
“Ecco qui l’alcool, queste sono le garze. Quando hai finito
raggiungimi al piano di sopra, va bene?”
Si medicò meticolosamente la ferita e la bendò rigidamente.
Stava meglio ora, si sentiva più sicuro tra quelle mura. Si rinfrescò il viso,
si adagiò sul water e appoggiò la testa al muro addormentandosi all’istante.
“Luca! Oh! Luca!!!”
“Che succede?”
“Ti senti bene?” lo svegliò Jacopo.
“Sì, sì” borbottò Luca aprendo gli occhi.
“Vieni che ti faccio divertire io...”
Lo prese sottobraccio e lo condusse al piano superiore dove
Luca focalizzò tutta la situazione: gente in cucina che preparava la
spaghettata delle quattro, gente in salotto che fumava canne, gente che si
scaccolava chiacchierando, gente che limonava in camera sua e infine gente che
faceva l’amore (a giudicare dai lamenti) in camera dei ‘suoi’.
Due coppie giocavano a Risiko per terra in corridoio e due
‘sfigati’ per ultimo si mangiavano pane e Nutella davanti alla TV.
“Hai visto che macello di gente?”
“Vedo, vedo...”
Avrebbe voluto mandarlo a quel paese, ma non poteva.
Gli presentò alla bene e meglio circa una ventina di persone di cui Luca riconobbe
qualche compagno di classe di Jacopo e Fabrizio, il barista dell’istituto.
“Vieni che ci sconvolgiamo ora!”
“Guarda, io dovrei and...”
“Vieni, vieni, ho una sorpresa per te...” e con passo svelto
devastò tutti i carri armati distesi sul piano del Risiko facendosi
accompagnare dalle bestemmie delle due coppie che stavano giocando
appassionatamente.
“Vedo che ci siamo capiti” si rivolse ai due ‘sfigati’
davanti alla TV i quali avevano tirati fuori una bottiglia a lui poco nota.
Era una tequila: Cuervo Especial... Una mazzata!
“Preparate i bicchierini e riempiteliiiiii” ordinò Jacopo.
Luca non aveva mai bevuto in vita sua, neanche a Capodanno.
Aveva sempre brindato con acqua minerale, neanche con la coca cola, era fin
troppo ‘alcolica’ per i suoi gusti. Figurarsi la tequila!
“Veramente sono astemio.”
“Che cavolo dici!?!? Un tipo come te...”
I tre si misero a ridere.
Avrebbe sopportato a denti stretti il commento di Jacopo, ma
degli altri due che nemmeno conosceva... Cosa cazzo volevano?
Sorrise falsamente. Poi ripensò al domino di inibizioni che
tutte in una volta stavano cadendo. Pose di nuovo lo sguardo sui tre che aspettavano
col bicchierino in mano... non poteva deluderli.
Prese il suo bicchierino, fece una smorfia di approvazione
ai tre festaioli e buttò giù in un sorso solo.
“Olè” grido uno dei due sfigati.
“Altro giro” festeggiò il compare.
“Ma sì, va!” aggiunse Jacopo.
Luca sentì un fuoco salire dalla stomaco e arrivare fino
alla laringe. Che schifo era quella roba? Era come bere sabbia... Come poteva
piacere un alcolico simile?
Chiuse gli occhi e scosse elettricamente la testa.
“Allora, ce lo facciamo un altro bicchierino?” chiesero i
tre con aria indagatrice.
“E facciamocelo...” ribattè Luca.
Alla fine i bicchierini diventarono quattro. Mentre i tre
mattacchioni continuavano a sparare idiozie che non stavano ne in cielo ne in
terra, Luca si allontanò senza che essi se ne accorgessero e si diresse in
salotto. Non capiva niente. Sovreccitato dai fumi dell’alcool avrebbe baciato persino la più brutta della festa pur
di riuscire a portarsi una ragazza nella stanza di Jacopo.
Era una sensazione mai provata in vita sua. Se avesse
continuato a stare seduto sul divano con quei tre avrebbe vomitato di sicuro.
Il corridoio stava
iniziando a girargli intorno a ritmo vertiginoso e non sapeva come fermarlo.
Domandò a uno sconosciuto al suo fianco
se il terremoto appena avvenuto era o no superiore al quarto grado della
scala Mercalli... Ottenne solo un “Hai bevuto troppo amico!”...
venerdì 19 luglio 2013
Nottesenzafine: il tuo short book per le vacanze!!!!
NOTTESENZAFINE!!!!
IL VOSTRO SHORT-BOOK SCACCIACRISI...
IDEALE PER CHI VA IN VACANZA AL MARE, MONTAGNA, LAGO O CITTA' D'ARTE...
PER CHI FA INVECE UN VERO VIAGGIO DA INTENDITORI..
PER CHI PUO' DEDICARSI SOLO UN WEEKEND...
PER CHI STA CASA AL FRESCO SOTTO L'ARIA CONDIZIONATA E UNA FETTA D'ANGURIA...
PER CHI INVECE CUOCE SUL DIVANO DAVANTI AD UN VENTILATORE CHE NON RINFRESCA MAI E SI ANNOIA DAVANTI ALLA TV ALL'ENNESIMO FILM DI TOTO'...
Mi trovi in tutte le librerie e su internet!!!!!!! Non lasciarmi a casaaaaaa!!!
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giovedì 4 luglio 2013
Vediamo se chi ha vissuto gli anni '80 se lo ricorda...
Sei lati, ogni lato 9 quadratini colorati, e tutti i lati che si possono muovere sia in orizzontale che in verticale..vi sembra di ricordare, vero? 43.252.003.274.489.856.000 (si, proprio 43 miliardi di miliardi..) di possibili combinazioni, e una sola che portava al risultato agognato, tutte e 6 le facce del colore giusto, nello stesso momento!
E'lui! e' il cubo di Rubik!
Uscito dalla mente malefica di un matematico ungherese, il cubo di Rubik é stato per noi ragazzi degli anni '80 quello che i Pokemon sono per i ragazzini di oggi, una mania, una febbre da cui non si poteva guarire. In tutti i formati e le dimensioni, ci giocavamo a tutte le ore, a scuola e fuori scuola, anche e soprattutto durante le lezioni..e mentre per molti l'unica soluzione possibile era quella di staccare i quadratini colorati e attaccarli dove serviva, ai campionati mondiali c'era chi lo completava in meno di 30 secondi (grr...grr..!!).
E'lui! e' il cubo di Rubik!
Uscito dalla mente malefica di un matematico ungherese, il cubo di Rubik é stato per noi ragazzi degli anni '80 quello che i Pokemon sono per i ragazzini di oggi, una mania, una febbre da cui non si poteva guarire. In tutti i formati e le dimensioni, ci giocavamo a tutte le ore, a scuola e fuori scuola, anche e soprattutto durante le lezioni..e mentre per molti l'unica soluzione possibile era quella di staccare i quadratini colorati e attaccarli dove serviva, ai campionati mondiali c'era chi lo completava in meno di 30 secondi (grr...grr..!!).
martedì 21 maggio 2013
LA FUGA DI LUCA
LA FUGA DI LUCA
(…)
Si voltò per la prima volta e vide i tre più vicini che mai.
Uno scatto un po’ più potente e lo avrebbero raggiunto senza problemi.
All’improvviso vide a qualche passo un metallaro che stava uscendo dal portone
del suo palazzo. Si infilò dentro di nascosto senza che lo sconosciuto fiatasse
minimamente e salì le scale senza pensarci su due volte continuando però a
sentire da sotto le voci dei suoi inseguitori e il rumore del portone chiudersi
dietro loro.
Le gambe oramai non gli tenevano più, il fiato cominciava a
dargli un senso di nausea insopportabile, l’addome dava forti contrazioni e
l’eco delle grida che emettevano quei due non gli davano nessuna speranza...
secondo, terzo, quarto piano. Il cuore era oramai arrivato in gola, pulsava
come se dovesse esplodere da un momento all’altro.
Il resto dei piani li divorò come un incubo divora i sogni.
Finalmente arrivò ad una porticina che dava sul tetto, cercò
di aprirla maneggiando con forza la maniglia... niente!
Guardò verso il basso ed i due ‘nemici’ erano al piano di
sotto.
1... 2... 3... prese una breve rincorsa e sfondò quella
porticina di legno verde; un attimo di smarrimento e poi intravide una scala
appoggiata al parapetto del tetto, la montò, scese dall’altra parte dove c’era
il tetto dell’edificio adiacente, sradicò la scala del muretto e la gettò di
sotto.
Poco dopo sentì una voce... ”Dov’è, dov’è!... Non avrà
saltato di là!”
Non lo avrebbero raggiunto senza la scala. Ciò non gli dava
comunque una certa tranquillità.
Trovò una porta aperta che illuminava il tetto e che dava
sulla tromba delle scale.
Ma perché scendere per le scale di quell’edificio con il
rischio di incontrare davanti al portoni quei tre stronzi di nuovo?
La paura fa 90, come si suol dire, no?
Avrebbe sfidato un suo atavico timore - le vertigini - pur di riuscire a farla franca e lasciarsi
alle spalle quell’inatteso pericolo.
Chiuse gli occhi, fece l’ennesimo respiro e saltò a cavallo
di un muro.
Avrebbe passeggiato sui tetti delle case che mancavano per
finire il corso Como, sarebbe sceso per l’ultimo palazzo e poi sarebbe uscito
dal portone con la speranza di non essere notato.
Fu la camminata più lunga e pericolosa della sua vita.
Fu la camminata più lunga e pericolosa della sua vita.
Proseguì con il corpo ‘incollato’ al tetto in posizione
obliqua, cercando di mantenere il baricentro del suo peso in direzione delle
tegole. Ogni passetto di lato era una scommessa con se stesso e con il suo
equilibrio, un movimento sbagliato, una semplice leggerezza e sarebbe scivolato
giù con poche speranze di aggrapparsi a qualcosa.
Raggiunse così l’ultimo tetto, quello con le tegole più
umide e fredde. Aveva veramente paura adesso, l’umido delle tegole avrebbe
potuto giocargli qualche brutto scherzo.
Le gocce di sudore freddo scorrevano sul suo collo fino a
farsi sentire sulla schiena e centellinavano i secondi che scorrevano
interminabili sotto quel cielo buio dicembrino.
Un ultimo sforzo e avrebbe potuto scorgere quell’ipotetica
porta che lo avrebbe condotto al piano terreno del palazzo in questione.
Eccola lì, spuntava dalla cima del tetto con tutta la sua
discrezione.
La sua mano afferrò finalmente l’ultima tegola, lasciò
scivolare le gambe, appoggiò il ginocchio sull’orlo di cemento e scese sulla
terrazza dell’edificio. La porticina era a qualche metro. Che liberazione!
Si appoggiò alla porticina cercando di asciugarsi il sudore
sul collo e sulla schiena, diede un’occhiata prolungata intorno ed in seguito
alzò gli occhi in cerca di una serenità che aveva aspettato da troppo tempo.
Il cielo di Milano era più buio del solito, una striscia
indefinita di colore grigio che si perdeva con la linea dell’orizzonte e
opprimeva col suo peso i tetti delle case di quel quartiere.
Qualche istante di rilassamento ed il freddo iniziò a
penetrargli dentro il piumino ormai ridotto ad un sudiciume di giaccone.
La porta era chiusa maledettamente bene, nemmeno qualche
forte spallata la avrebbe mossa di un millimetro.
Alzò il naso e notò una piccola finestrella. Un calcio secco
e diretto nel centro del cristallo ed il finestrino si ruppe di botto lasciando
qualche scheggia sul suo piumino ed altre conficcate nella cornice. Avrebbe
rischiato tagli ed escoriazioni, ma passare la notte al gelo aspettando che
qualcuno si fosse svegliato all’alba per aprirgli quella porta sarebbe stata la sua condanna a morte.
Appoggiò il piumino alla cornice coprendo le punte e fece
scivolare il suo corpo lentamente fino a cadere per terra dall’altro lato.
Riprese il piumino e cercò dentro le sue tasche un
fazzoletto o qualcosa del genere: si era ferito a una mano. Il taglio non era
profondissimo, ma gli procurò un dolore rapido e aspro che squarciò il silenzio
di quell’antro.
Trovò in un taschino un pacchetto di fazzoletti di carta che
macchiò tutti in una manciata di respiri. Il sangue continuava a fuoriuscire,
ma per il momento doveva solo scendere quelle scale e uscire dal portone una
volta per tutte.
Aspettò che la luce della portineria si spegnesse per fare
l’ultima rampa e incollare la sua faccia ai vetri del portone.
Tutto pareva tranquillo. Avrebbe aperto la porta e sarebbe scappato per quella stessa
via che non riconosceva e che era ancora troppo vicina per dargli quella
sicurezza necessaria per svignarsela.
Si tolse il piumino, lo appallottolò frettolosamente e lo
nascose dietro il sottoscala. Prese qualche straccio che stava giusto lì, li arrotolò
sulla mano sofferente e fece un nodo stretto.
Scrutò ancora un poco la situazione fuori dai vetri; aprì la
porta e uscì dalla portineria.
Si indirizzò con passo svelto verso la fine del viale. Dopo
una ventina di respiri si voltò per verificare che tutto fosse tranquillo.
Calma apparente...
Sarebbe arrivato fino alla fine del viale ed in seguito si
sarebbe messo a correre all’impazzata per allontanarsi il più velocemente
possibile da quella zona.
Giunse al semaforo così tanto anelato e poi via...
Iniziò a correre verso il cimitero Monumentale, inghiottì
strade, marciapiedi, palazzi nel giro di seicento respiri. Svoltò l’angolo...
via Procaccini. Era abbastanza lontano per non essere visto. Ma adesso cosa
avrebbe fatto? Dove sarebbe andato?
E mentre questi pensieri giocherellavano nel suo cervello
vide passare dinanzi al suo naso il 33 che andava verso corso Sempione. Aguzzò
la vista. La fermata era a un centinaio di metri, poteva farcela. Avrebbe preso
il 33, poi chissà...
Per lo meno gli avrebbe dato la sensazione di essere al
sicuro, di raggiungere qualcosa, fosse anche il capolinea del tram.
Ricominciò a correre sbracciandosi disperatamente in
direzione del conducente, aumentò la corsa come per diminuire la distanza tra
lui e il mezzo, ma tutto fu vano.
Rimaneva ancora qualche metro per raggiungere la fermata.
“Apri quelle porte, dai!” urlò a più non posso... Ma ormai
quella cabina arancione su rotaia aveva di gran lunga superato la fermata.
mercoledì 13 marzo 2013
Intervista su NOTTESENZAFINE a Radio Lombardia!!!! -PARTE 3
Parte 3- La nascita e la trama del libro
sabato 23 febbraio 2013
Lo strano caso del signor Destino
Oggi voglio postare un dialogo divertente sul Destino tra Luca, il protagonista e una ragazza che perde come lui l'ultimo tram della notte...
(...) Solo adesso si rendeva conto di come era fatta, del viso che
aveva, di come era vestita. Era bruna e aveva la pelle chiara, di un colore
quasi roseo. Era piuttosto bassa di statura e vestiva tutta in nero; un paio di
pantaloni neri che le calzavano a pennello e le accarezzavano delicatamente i
fianchi, una felpa nera che lei faceva fuoriuscire dal piumino e le copriva il
posteriore. Luca non poteva notare la sua pettinatura perché il cappuccio della
felpa le copriva interamente la testa. L’andatura del corpo e la movenza delle
spalle cercavano di coprirle il viso come in segno di timore o di timidezza nei
suoi confronti.
E mentre s’ incamminarono verso via Caracciolo lei inizio a
parlare di nuovo
“Ti piace Milano?”
“Questa notte la odio a morte, ma ci sono un po’ affezionato
ho abitato sui Navigli fino all’anno scorso.”
“In che via abitavi?”
“In via D’Annunzio.”
“Veramente? Io ho abitato in via Vigevano, poi mi sono
trasferita due anni fa con mio padre in zona Sempione perché si è diviso da mia
madre e io ho scelto di stare con lui ...”
“Cavolo, e non ci siamo mai incrociati?”
“No, io credo di non averti mai visto prima...”
“Eppure stavamo vicinissimi di casa”
“Forse era destino che non dovevamo incontrarci prima...”
“Destino?”
“Sì, destino, perché?”
“A quest’ora di notte non mi metto a parlare di destino,
dai…non dirmi che ci credi”
“Sì, certo”
“ E’ arrivata la chiromante…”
“Io non sono una chiromante, sono una ragazza normalissima…
ma ricordati che nemmeno gli dèi vincono contro il
Destino…non l’han mai fatto…hai mai
trovato nella Mitologia antica qualche pazzo che lo ha fatto?”
“Mhhhh”
“E se lo han fatto son tutti finiti male…”
“Mhhh…dalle mie reminescenze di Epica dalle medie forse
Giove una volta”
“Ma sei matto??? Ma se Giove per fecondare la bella
Danae e assecondare il Fato si trasforma
addirittura in pioggia d’oro per penetrare all’interno della torre dove era
intrappolata e compiere il loro destino!!!”
“Quella volta lì…ma siccome Giove ne ha fatte tante…magari è
stata in un’altra occasione…”
Mi guardò con aria perplessa.
“No, eh?”
“No”
“Magari Saturno…quello che ne aveva combinate di ogni,
guarda…me lo ricordo come fosse ieri quando lo raccontava la prof…mica aveva
mangiato le figlie o qualcosa del genere?”
“Negativo…gli avevano profetizzato che uno dei suoi figli lo
avrebbe spodestato e così lui per andare incontro alla sorte si mangiò i primi
cinque appena nati, ma il sesto gli fu sostituito con una pietra avvolta in
fasce… e sai chi era quella pietra realmente?”
“Eh no”
“Era Giove, quel monellaccio…che poi al padre gliela farà
pagare con gli interessi scatenando una guerra e diventando poi lui il capo
degli dei…”
“Caspita…”
“E quindi…”
“E quindi Saturno scartato…fa una brutta fine”
“E quindi?”
“E quindi mi sa che hai ragione…non me ne vengono in mente
altri, oh…”
“Visto? Che non mi credevi…”
Luca la guardò come stesse fissando un marziano appena
atterrato a Milano.
“Come fai a sapere tutte queste cose?”
“Liceo Classico Parini…tra versioni di greco e lezioni di
Epica ne ho sentite di ogni…”
“Ah….”
“Però in fondo mi piace la mitologia greca e per questo che
mi rimangono più impresse...pensa che una volta Poseidone…”
“No. Alt…basta…Ho già dato alle medie e mi è bastata
l’Eneide… con questo qua che non arrivava mai a Roma o dove cavolo doveva
arrivare… e prima i Ciclopi e poi la maga Circe e poi il dio dei venti…”
“Guarda che ti confondi con Ulisse…”
“Era l’Odissea??? Ecco…appunto..ho rimosso…”
Fece un sorriso e gli diede una spintina sulla spalla.
Una lieve brezza gli adagiò i capelli sul viso e lo fece
rabbrividire.
I due si sorrisero.
sabato 2 febbraio 2013
perchè il titolo NOTTESENZAFINE?
Il racconto è per antonomasia una breve narrazione
in cui il protagonista o i protagonisti sono i ‘player’ dell’azione e
interagiscono con i personaggi secondari, ma non vi è un’evoluzione
approfondita o un’ analisi psicologica dei medesimi…non c’è lo spazio per farlo
in un racconto…in NOTTESENZAFINE invece sì…il protagonista Luca è ‘vittima’ di
un’evoluzione interiore nel giro di una notte e la mia lente di ingrandimento si
focalizza sul suo cambiamento psicologico che lo porterà ad un superamento
delle sue più paure più nascoste con l’arrivo dell’alba. Per questo si avvicina
più a un corto-romanzo che a un racconto.L’idea di evoluzione… di corsa sta
anche nel voler scrivere il titolo tutto d’un fiato, il che vuole dare l’idea
del ritmo incalzante dell’azione.
Un’azione senza respiro. Non a casa il
protagonista non porta orologi e a quei tempi (dato che il libro è ambientato a
fine anni’80) i cellulari non esistevano…Luca misura il suo tempo ‘a respiri’.
Calcola le sue azioni e misura le sue reazioni a quantità di respiri fatti.
Questo per dare l’idea di una corsa frenetica nel cuore della notte al solo
scopo di ‘salvare la pelle’ e voler ritornare semplicemente a casa.
NOTTESENZAFINE, ha una giusta tensione ed
un ritmo quasi vertiginoso che trascina fuori dal tempo il lettore. Il
protagonista scopre davvero di tutto in una notte. Tutto di se stesso e delle
sue ataviche paure. La notte lo porterà a superare le sue ansie e i suoi timori
più reconditi. Un viaggio nel cuore della notte alla riscoperta del proprio IO…
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giovedì 17 gennaio 2013
Perchè ambientare NOTTESENZAFINE negli anni '80?
Gli anni ‘80 sono gli anni della mia adolescenza, quindi chiunque abbia tra
i 35-45 anni adesso ricorda con affetto quegli anni...La colonna sonora di
quegli anni è tutta targata dal boom del pop, sia nostrano con i vari Spagna,
Den Harrow, Gazebo, Righeira etc ma anche di meteore straniere come Michael
Sembello, Talk Talk, Pic-nic at the Whitehouse, etc....Al cinema furoreggiavano
le commedie hollywoodiane come Ritorno al futuro o Il tempo delle mele, ma
anche i nostri ‘I fichissimi’ oppure i primi ‘Vacanze di natale’ o ‘Sapore di
mare’...Questo non vuol dire che musica e cinema abbiano solo pensato
all’estetica e al divertimento in quel periodo: I Pink Floyd facevano il loro
concerto più bello proprio nel’89 a Venezia, gli U2 spiccavano il volo, I
Depeche Mode spopolavano insieme ai Dire Straits e nascevano artisticamente
Jackson e Madonna. E al cinema uscivano capolavori come Apocalypse Now,
Afterhours, Blues Brothers, Shining e si iniziavano ad affermare attori Pacino
o De Niro. E’ ovvio che tutto questo ha influenzato la narrazione di
NOTTESENZAFINE...Fuori Orario di Scorsese in particolare mi ha affascinato
moltissimo...un film in una notte incredibile e surreale...come appunta la
notte di Luca, il protagonista.
Per non parlare poi proprio del 1989...l’anno del crollo del muro di
Berlino, la fine della Guerra Fredda, l’avvicinarsi del crollo del comunismo e
della fine di una concezione di un Mondo. Non a caso il libro trae ispirazione
dalla visita di Gorbaciov a Milano.
Il libro è ambientato nell’89 e in questi ultimi 25 anni Milano è cambiata
parecchio...La città dei paninari, dei metallari , dei new wave e rockabilly
non c’è più e non è più la Milano da bere che è passata sotto la mannaia di
Tangentopoli nei primi anni ‘90...più che la ricerca dell’apparenza di quegli
anni e dell’edonismo rimpiango quella genuinità e altruismo che la città e in
generale la società hanno perso nell’ultimo ventennio...
Insomma chi aveva le facoltà, poteva infilarsi un paio di timberland o un
monclair per apparire, ma rimaneva sempre in una società che è rimasta
incollata alla TV per seguire il dramma di Alfredino Rampi in diretta...la
solidarietà che c’era 30 anni fa io non la vedo così tanto in giro ed un fatto
come quello di un bambino caduto in un pozzo farebbe più notizia per le
negligenze dei genitori a PORTA A PORTA più che per il dolore di un
bimbo...
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venerdì 4 gennaio 2013
LA PARTE PIU' ADRENALINICA DI NOTTESENZAFINE
Oggi voglio postare un estratto molto adrenalinico di NOTTESENZAFINE in cui Luca incontra nel cuore della notte milanese Margherita, un viados brasiliano che si apre con lui e gli confida di essere sieropositivo. Al culmine della disperazione il travestito gli chiede di ucciderlo e di farla così finita per via della sua condanna a morte.
(...) La pistola era lì, a qualche centimetro da lui. Avrebbe potuto mettersi un suo guanto
bianco, prendere in mano l’arma, puntarla in direzione della sua fronte e sparare
senza rimorso.
L’avrebbe depositata
sotto il sedile e sarebbe uscito dalla ‘Cinquecento’ allontanandosi
quatto quatto senza la preoccupazione che qualcuno avesse potuto vederlo.
La tentazione era latente in lui, come in tutti gli uomini è
innato l’istinto alla guerra, l’istinto di uccidere: è come una vampata di
calore che ti sale alla testa, un brivido interno che percuote tutte le ossa,
ti acceca la mente, mentre le braccia percepiscono un formicolio sempre più
corrosivo nelle vene... e le mani cominciano a sudare, il sudore punge, pizzica
sulla pelle e solo il calcio della pistola può placarlo. Mio Dio...! Stava
perdendo il controllo della situazione, non poteva essere! Era la ragione che
doveva filtrare tutto ciò, la potenza del conscio!
Tuttavia la vampata di calore gli stava salendo alla testa;
il brivido interno gli stava percuotendo le ossa; quel formicolio, quel fottuto
formicolio stava iniziando a corrodergli le dita, poi i palmi, e avrebbe
raggiunto automaticamente il gomito, infine il bicipite e per ultimo la spalla
intaccando interamente il braccio...
Tremava. Si alzò dai sedili posteriori come fosse un automa,
allungò il braccio destro, prese in mano la pistola guardandola fisso senza
distoglierle lo sguardo. Tremava ancora. Margherita non si muoveva. Il tempo
era scandito dal respiro ghiacciato di Luca. Strinse con veemenza il calcio
della pistola rivolgendo gli occhi in avanti. Non aveva il coraggio di fissare
Margherita, non sarebbe riuscito.
Ancora qualche battito cardiaco e il sudore si sarebbe fatto
vivo sui palmi delle mani e subito dopo il prurito sulla pelle avrebbe fatto
esplodere quella pallottola che era anche dentro il suo corpo.
Sudava freddo. Un ultimo respiro e chiuse gli occhi. La
pistola era come un pezzo di ferro rovente tra le sue mani... Oddio!... Ecco la
vampata finale alla testa... un lampo di calore... una leggera pressione sul
grilletto...
“Noooooo!!!” un grido dilagò nell’aria gelida
dell’abitacolo.
Una frenata violenta a qualche metro dalla macchina
risvegliò la mente surriscaldata di Luca.
Aprì gli occhi e notò un uomo distinto scendere giù da una
Mercedes grigia parcheggiata al loro fianco e dirigersi verso la portiera
aperta dell’utilitaria rossa.
Il ragazzo rimase immobile, come paralizzato, continuando a
respirare come prima.
Margherita era completamente assente.
“Che cazzo fai! Sei impazzito!?!?” sbraitò l’uomo già dentro
l’abitacolo mentre gli afferrava la pistola puntata alla nuca del ‘viados’.
“Lascialo estar!” strillò Margherita.
“Sei impazzita, Margherita? Datemi quella pistola!” ribattè
l’uomo.
“Fati li afari tuoi, Michele, me està aiudando!”
Margherita incominciò ad agitare braccia e piedi in
direzione dell’uomo, continuando a insultarlo e tentando di colpirlo. Era in
preda ad una crisi di nervi.
Luca era inchiodato al sedile posteriore con la pistola in
mano ed il braccio disteso sul fianco.
Chi diavolo era quest’uomo? Si domandava mentre i due
seguitavano nella loro lotta.
“Lasciamiii!!! - urlò il ‘travestito’ - Vati a escopare
quela sorela che te piasce tanto in piasa Piemonte!”
“Stai zitta! Zitta! Che fai i soldi solo con me, tu!”
“Io tegno tanti clienti quanti ne volio! Cosa ne sai tu?!?!”
“Va bene, va bene. Quanto vuoi stanotte? Duecento, trecento,
quattrocento, quanti ne vuoi, eh?” e tirò fuori dal portafoglio banconote quasi
nuove da centomila lire buttandole in faccia a Margherita.
“E tu che cazzo ci fai ancora qui? Sparisci stronzo!” ordinò
il distinto signore al ragazzo.
“Perché non te ne torni all’Hoolywood con quella troietta
che ti sei sbattuto sul cofano qualche ora fa, eh?” lo gelò Luca.
Era il ‘pappone’ che lo aveva trascinato fuori
dall’Hollywood e lo aveva piantato nella Mercedes grigia senza dirgli niente.
Da lì erano nati tutti i suoi problemi. Era lui il
colpevole: se lo avesse subito accompagnato da qualche parte avrebbe evitato il
freddo, la fuga sui tetti, la ferita riportata, la festa di Jacopo.
Invece no. Era rimasto lì a strusciarsi con la falsa modella
per poi scappare non appena avvistato il carabiniere.
E adesso era a qualche centimetro dalla pistola puntata
giusto nella direzione del suo povero cervello.
“Ti ricordi di me?”
“Chi sei? Questo è un tossico, vero Marghe?”
Il silenzio cadde di nuovo tra quegli umidi vetri. I due
avevano interrotto la colluttazione.
Luca puntò le sue pupille in direzione di quelle del
‘pappone’: lo aveva riconosciuto.
L’uomo abbassò lo sguardo in segno di imbarazzo.
“Lo sai, lo sai chi sono...”
“Non fare stronzate, dai..., si trattava di un passaggio, di
un semplice passaggio; e poi sono io che ti ho tirato fuori dalla discoteca, se
no ti malmenavano...”
Luca lo teneva sotto tiro con la pistola ancora carica.
“Abbassa quella pistola, per favore, ragioniamo...”
“Perché mi hai lasciato solo come un cane in macchina?”
Nessuna risposta.
“Rispondi! Rispondi! Brutto stronzo!” lo insultò Luca
sputando tutta la bava che aveva in bocca verso quel “distinto gentiluomo”.
Ora era il ‘magnaccio’ che tremava. Luca era viola in volto
e tutto l’odio, l’ansia, il dolore di quella notte si stavano materializzando
in quella pistola e davanti a quella sagoma in carne e ossa.
“Non rispondi? Te lo dico io perché... Perché in fondo in
fondo sei un cagasotto, guarda come stai tremando! sembri un pulcino bagnato,
ti faccio paura, eh? Ti faccio paura con un cannone tra le mani???”
Nessuna risposta.
“Non ti agiti più?!?! Fate tutti i prepotenti dietro le
vostre collane d’oro e davanti a un pezzo di ferro ve la fate sotto!”
Il tizio tremava di terrore.
“Piangi adesso! Piangiiiiii!!!”
L’uomo si scagliò con impeto verso Luca cercando di
afferrargli l’arma, il ragazzo con un gesto rapido avvicinò l’altra mano al
calcio come per proteggere la sua presa, ma un colpo forte del ‘magnaccio’ sul
suo polso fece allentare la morsa lasciando cadere l’arma al suolo ed un boato
enorme esplose nella ‘Cinquecento’ rimbombando in tutto il quartiere .
Margherita iniziò a strillare disperatamente. Nessuno
rispondeva alle sue grida isteriche... chi sarebbe corso in aiuto a quell’ora
del mattino?
Una chiazza rossa si allargava sul sedile anteriore dell’auto
ed un uomo distinto si stendeva prono contro il cruscotto.
Luca non dava segni di vita, immobilizzato contro il sedile
posteriore. La testa gli ciondolava in avanti e le ginocchia erano rilasciate.
“Lo hai matado, lo hai matado!” insistè il ‘travestito’.
L’odore dolciastro del sangue si stava espandendo
nell’abitacolo e la fumata dello sparo aveva annebbiato tutti i finestrini.
Il ragazzo portò lentamente le mani alle orecchie e digrignò
i denti. Quel boato stava ancora percuotendo i suoi timpani.
(...)
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